Uno studio recentemente pubblicato da Vives, Garcia et alii su Preventive Medicine Valuta l’impatto del coinvolgimento delle farmacie nel programma di screening colorettale nell’area metropolitana di Barcellona, prendendo in considerazione dati raccolti tra il 2017 e il 2018.
Le farmacie catalane sono impegnate nella distribuzione e raccolta dei kit, nella verifica di leggibilità e nella comunicazione delle istruzioni sull’esecuzione del test e, secondo lo studio, tale coinvolgimento avviene con risultati molto positivi. È infatti elevata (82,4%) l’adesione delle farmacie al programma, ed è molto elevata anche la percentuale di persone che riconsegna il campione fecale dopo aver ritirato il kit riconsegna: 93,5% su 77.524 kit distribuiti. La restituzione avviene mediamente entro 3 giorni, con alti livelli di qualità dei campioni raccolti.
Lo studio conferma come il coinvolgimento delle farmacie riesca a garantire una buona qualità del percorso di screening - un aspetto già documentato da diverse rassegne sistematiche cui gli autori fanno riferimento.
La collaborazione, particolarmente strutturata, prevede il coinvolgimento dell’Ordine dei Farmacisti, un compenso di un euro per ogni kit consegnato, un sistema informativo per il monitoraggio dell'attività delle farmacie e un training formalizzato con requisiti minimi per la partecipazione al programma.
Il lavoro ha il merito di fornire un quadro molto preciso dell’esperienza catalana, che è per molti versi simile a quello italiano delle Farmacie dei Servizi. Quest’ultimo ha formalizzato in 9 Regioni pilota dalla fine del 2019 una collaborazione spesso già avviata in forma non strutturata, prevedendo un compenso per kit distribuito ma anche l’impegno delle farmacie per garantire il presidio della logistica dei campioni.
Tra gli elementi caratterizzanti l’esperienza catalana, la messa a disposizione di pacchetti formativi rivolti ai farmacisti, su tematiche legate al cancro al colon e alle modalità organizzative del programma di screening, è una componente di particolare interesse e che varrebbe la pena esportare in qualsiasi altra esperienza che venisse applicata in Italia. Benché non esistano evidenze specifiche in merito, affidare alle farmacie una funzione non solo organizzativo-logistica ma di counselling potrebbe avere un impatto positivo sul superamento delle barriere comunicative e culturali nell’adesione. Questo sarebbe favorito dalla capillare diffusione delle farmacie sul territorio, anche nelle zone a maggiore deprivazione di servizi, e dal ruolo che già svolgono di mediazione tra i cittadini e i servizi sanitari pubblici.
Mentre lo studio catalano offre conferme sulla qualità del percorso di screening, alcune realtà aderenti al progetto delle Farmacie dei Servizi, come quella piemontese, hanno inserito ulteriori indicatori per misurare l’impatto della collaborazione in termini di adesione dei cittadini al programma. In particolare, il monitoraggio prevede un confronto fra gli archivi dei sistemi informativi delle farmacie, in cui viene registrato il numero di contatti e le iniziative di counseling e l’archivio dello screening, misurando quanti fra coloro che si rivolgano alla farmacia e ricevano un servizio di counseling partecipino effettivamente al programma. La realtà lombarda, invece, ha posto particolare attenzione agli aspetti di controllo qualità del percorso, introducendo la tracciatura della provetta in consegna e rientro in farmacia, che si è già dimostrata efficace in un’esperienza precedente nel ridurre la percentuale di campioni persi, e richiedendo alle ATS di coordinare momenti di confronto con farmacisti e distributori intermedi per la revisione delle non conformità. Altre regioni, invece, hanno introdotto nei propri accordi dei meccanismi premiali che aumentano la remunerazione della provetta in funzione dell’incremento dell’adesione al programma di screening che si auspica sia ottenibile attraverso il coinvolgimento attivo del farmacista.
La quantità e la varietà delle innovazioni organizzative introdotte in questi recenti accordi sono il segnale di una maturazione del rapporto tra screening e farmacie: in quanto fase di sviluppo può conoscere criticità e incertezze, ma può essere la porta di ingresso verso un nuovo tipo di dialogo tra screening e territorio. Ci auguriamo che la vocazione degli screening al monitoraggio e alla valutazione possa tradursi anche in questo contesto in una o più iniziative di analisi dell’impatto degli accordi, analizzandone i rispettivi aspetti di forza e debolezza e mettendo in evidenza per il futuro le modalità più fruttuose di collaborazione.
Carlo Senore, Silvia Deandrea