•  
  •  

E il dibattito continua...

Questo si propone come uno spazio di confronto in aggiornamento, mediato della redazione del sito dell’Osservatorio nazionale screening. Potete mandare il vostro contributo all’indirizzo segreteriaons@ispro.toscana.it.

L'articolo di Cinzia Campari, AUSL-IRCCS di Reggio Emilia, torna a riflettere sul significato e le forme della ripartenza, con le sue varie implicazioni, nei programmi di screening. Nella sezione è presente anche il contributo di Giorgio Baratelli, Membro Comitato Scientifico Accademia di Senologia "Umberto Veronesi", all'alba delle riaperture dell'estate 2020. 

Il “perché” al centro
Cinzia Campari
Direttore Struttura Complessa Centro Screening Oncologici, AUSL-IRCCS di Reggio Emilia

Rileggo l’intervento di Eugenio Paci del 11 maggio 2020 e mi chiedo a che punto siamo.
A pensarci bene sembra trascorso un tempo siderale. Nel frattempo la 2° ondata poi la 3°.
E di quel ripensamento della sanità pubblica, tanto caldeggiato da Eugenio, ancora non vi è traccia, dimenticato nelle logiche dell’emergenza urgenza.

Intanto qualcuno tra noi, spinto da indicazioni regionali o locali, ha provato a ripartire. Strano questo verbo, dai molteplici significati: rimettersi in moto oppure dividere in parti un tutto. Entrambi, probabilmente, calzano alla nostra situazione.

Ai blocchi di ripartenza, però, ci siamo trovati a dovere rispondere a due quesiti: cosa far ripartire e come. Perché anche nello scenario improbabile di risorse congrue alla necessità del recupero, alla fin dei conti un recupero presuppone pur sempre un tempo e in questo tempo si possono agire modalità differenti (es: recupero per priorità, recupero sulla base del ritardo accumulato).
In alcuni casi sono state fornite indicazioni di massima, applicabili nell’immediato, in altri casi sono stati i centri screening a dovere adottare dei criteri nell’ambito di un percorso che massimizza già appropriatezza e guadagno in salute.

Tali scelte dovrebbero rispondere alla disponibilità limitata di risorse, ad esempio quelle endoscopiche o quelle radiologiche, da ripartire con la richiesta ambulatoriale. Ma in assenza di una preventiva valutazione dei fabbisogni e delle priorità, definite sulla base dei medesimi parametri (massimizzazione del “valore”), il tentativo di adottare nello screening criteri di chiamata “ad hoc” non contrasta con la mera ricollocazione delle lista di attesa?

Viene richiesto agli screening un ulteriore sforzo di governo.
Questo può essere accettato nell’immediato ma non deve diventare “la normalità” poiché gli investimenti in prevenzione dovrebbero rappresentare un cardine della re-ingegnerizzazione del SSN (Ricciardi W et al. La tempesta perfetta. Ed. Vita Pensiero, 2015).

E’ necesssario, a mio avviso, “rimettere il nostro perché al centro” (Sinek S. Partire dal perché. Ed. Franco Angeli 2020), ripartire dal motivo per cui esistono i programmi di screening. L’obiettivo dei programmi di screening è migliorare la storia di malattia, incidere sulla mortalità e, a volte, sull’incidenza. E per raggiungere tali obiettivi, i programmi di screening vengono fortemente monitorati affinchè i possibili effetti indesiderati, come false positività, sovradiagnosi, sovratrattamento e cancri intervallari, siano bilanciati da qualità, equità di accesso alle cure, universalità, anticipazione diagnostica. Non solo, gli screening tendono a generare un circuito virtuoso rispetto all’adozione di approcci evidence-based, anche al di fuori del percorso stesso, arginando derive di sovra/sottoutilizzo delle risorse in setting particolari.

Per tutti questi motivi, è importante che, nel momento in cui si richiede di rallentare temporaneamente il recupero dell’attività di screening, vengano definiti il tempo e le modalità di ripresa dell’attività. E nel contempo è essenziale contribuire al rafforzamento del senso di responsabilità sociale dei singoli (Ricciardi W. La battaglia per la salute. Ed. Laterza, 2019) sulla propria salute, per favorire la partecipazione.

La rilevazione ONS sulla ripartenza degli screening (settembre 2020), ha mostrato che lo stato di riattivazione dei programmi di screening è piuttosto eterogeneo tra regioni (e forse anche all’interno delle stesse regioni), risultato di dinamiche in parte già esistenti prima dell’emergenza Covid e in parte frutto del differente impatto dell’epidemia, ma anche delle capacità di resilienza dei programmi.

Sarebbe infatti limitante indicare l’emergenza Covid come unica causa delle difficoltà degli screening. Il ritornare alla situazione pre-Covid non sempre rappresenta un obiettivo.

Se l’analisi della contingenza può supportare le scelte nell’immediato delle modalità di recupero dell’attività persa nel corso dell’emergenza, è l’analisi delle cause profonde ad indirizzare l’individuazione di soluzioni strutturali.

 

Riflessioni e proposte organizzative
Giorgio M. Baratelli - Direttore Unità di Senologia Ospedale di Gravedona (Co); Membro Comitato Scientifico Accademia di Senologia "Umberto Veronesi"

L'emergenza sanitaria da COVID-19 ha sospeso qualsiasi tipo di screening oncologico e, tra questi, lo screening mammografico. Cosa comporta? Qualcuno ha ipotizzato terroristicamente che nei prossimi mesi, quando riprenderà lo screening, avremo un aumento di casi avanzati, meno curabili e meno guaribili. Questo non è vero, perché un ritardo di 3-4 mesi non determina un avanzamento dei tumori così pericoloso come è paventato.

Secondo me, trovare un tumore della mammella di 10 mm oggi e trovare lo stesso tumore tra 4 mesi, magari cresciuto a 11 mm, cambia poco sulla prognosi, perché la prognosi non è legata alle dimensioni ma alle caratteristiche biologiche del tumore che ne determinano l’aggressività. Occorre invece ragionare su come organizzare la ripresa degli screening. Ipotizziamo che in luglio riparta lo screening mammografico, quindi dopo 4 mesi di stop, e consideriamo due possibili scenari con un terzo scenario intermedio.

Scenario A

A luglio verranno chiamate le donne che sono state bloccate a marzo e quelle che dovevano essere chiamate a luglio subiranno lo stesso ritardo di 4 mesi e saranno chiamate a novembre; vuol dire che lo screening interrotto continuerà come prima con un ritardo di 4 mesi per tutte.

Scenario B

A luglio saranno chiamate  le donne  che dovevano essere chiamate a luglio e quindi continuano il loro screening senza ritardi; inoltre nei 4 mesi a partire da luglio (che possono diventare anche 6-8) saranno recuperate le donne sospese per il lockdown; questo comporta un aumento (raddoppio) delle prestazioni che dovranno essere organizzate con un aumento dei turni di mammografia (per ipotesi si potrebbero fare dei turni serali o festivi).

Scenario C

In caso si renda necessario operare una scelta e ipotizzare uno scenario intermedio devono essere tenute presenti due considerazioni: l’età della donna e il tipo di controllo cioè se si tratta di primo controllo (la donna entra nel programma di screening per la prima volta) oppure se si tratta di un richiamo.

Per motivi riconducibili alla diagnosi precoce del tumore della mammella e del suo impatto nel ridurre la mortalità (obiettivo principale dello screening mammografico), penso che sia più vantaggioso privilegiare le donne giovani (molte regioni hanno esteso lo screening mammografico a partire dai 45 anni) e che siano al loro primo invito.

Dal punto di vista dell’analisi dei vantaggi e svantaggi, lo scenario A è il più semplice da applicare, non ha costi aggiuntivi ed è “democratico”, perché il ritardo dovuto al lockdown per il coronavirus è subito in modo imparziale da tutte le donne; gli scenari B e C invece presentano un’organizzazione più difficile e sono gravati da un costo maggiore.

Infine vorrei sottolineare che il vero danno prodotto dalla sospensione dello screening mammografico non è stato quello di ritardare la diagnosi precoce, ma di generare la perniciosa idea nelle donne e in molti medici, che lo screening sia un qualcosa di più, una prestazione opzionale, poco importante, mentre essa è una prestazione rilevante ed essenziale, che è rientra a ragione nei livelli essenziali di assistenza (LEA) stabiliti dal Servizio Sanitario Nazionale.