Spunti di riflessione dal primo convegno FASO

Il 17 aprile 2023 si è tenuto il primo convegno della Faso (Federazione delle associazioni degli screening oncologici) dal titolo Le nuove raccomandazioni del Consiglio dell’Unione Europea sugli screening oncologici”. La Faso è la federazione delle tre società di screening oncologici italiane (Gisma, Gisci, Giscor), che si è costituita ad ottobre 2021 per promuovere le potenziali sinergie tra i diversi programmi di screening organizzato. Il  convegno ha avuto l'obiettivo di avviare una riflessione sulla nuova “Raccomandazione del consiglio europeo relativa al rafforzamento della prevenzione attraverso l’individuazione precoce: un nuovo approccio dell’UE allo screening dei tumori”, adottata il 9 dicembre 2022 e che sostituisce la raccomandazione del 2003. L’applicazione di queste raccomandazione, infatti, pone nuove sfide ai programmi di screening italiani, che in molti casi non hanno ancora completamente riassorbito l’impatto dell’emergenza pandemica.

Riportiamo un'analisi sul tema di Carlo Senore, presidente del Giscor.

"Il Consiglio dell’Unione Europea ha approvto lo scorso dicembre le nuove Raccomandazioni sugli screening oncologici, che aggiornano il precedente documento approvato nel 2003. Le linee di indirizzo principali che le ispirano fanno riferimento alla necessità di consolidare gli interventi di screening per i tumori della mammella, del collo dell'utero e del colon-retto, offrendo interventi basati su solide prove di efficacia, promuovendo la partecipazione dei cittadini e garantendo equità di accesso, e di considerare, sulla base delle nuove evidenze scientifiche, l’estensione dell’offerta di screening ad altri siti tumorali (polmone, prostata e stomaco) e l’introduzione di protocolli basati sul rischio.
Lo screening dovrebbe essere offerto nell’ambito di programmi organizzati di popolazione, per garantire l’accesso a procedure adeguate, tempestive e di alta qualità, per una gestione del percorso diagnostico e dell’eventuale trattamento e follow-up centrata sulla persona, evitando approcci di tipo opportunistico.
L’attivazione, sia a livello nazionale che europeo, di un sistema di raccolta dati per il monitoraggio dell’attività e dalla performance dei programmi viene individuato come un elemento chiave per la promozione della qualità dei programmi e per la valutazione dell’impatto delle nuove strategie di cui si raccomanda l’introduzione avviando progetti pilota.
Le raccomandazioni individuano una serie di tematiche trasversali (come equità, qualità, formazione, monitoraggio valutazione e gestione dei dati), ma anche le indicazioni specifiche per le diverse sedi tumorali richiamano requisiti comuni e individuano obiettivi sfidanti per tutti i programmi. La pubblicazione di questo documento del Consiglio dell’Unione Europea è stata quindi l’occasione per organizzare il primo evento della Federazione delle associazioni degli screening oncologici italiani (Faso), costituita a ottobre 2021, per favorire le sinergie e l’integrazione tra i diversi percorsi di screening.
Il convegno ha offerto l’opportunità diavviare una riflessione comune sullo stato di attuazione dei programmi italiani in relazione a queste indicazioni europee, sull’avanzamento dei progetti di valutazione di nuove strategie e sulle possibili risposte a queste nuove sfide, coinvolgendo rappresentanti della Commissione Europea, del ministero della Salute, delle Regioni, delle società scientifiche, dei pazienti e dei cittadini.

Le raccomandazioni nel quadro del Piano europeo contro il cancro
Le raccomandazioni costituiscono una delle tappe del percorso previsto per l’attuazione degli obiettivi del Piano europeo contro il cancro, che prevede anche il finanziamento di progetti di ricerca, nell’ambito del programma "Mission on cancer" e l’avvio di una Joint Action finalizzata a sostenere l’implementazione di queste raccomandazioni, in fase di definizione in questi mesi.
Le nuove raccomandazioni sono state sviluppate a partire da una revisione delle evidenze disponibili relative a 3 quesiti principali:

   1. Come si possono migliorare i programmi di screening dei tumori della mammella, del collo dell'utero e del colon-retto?
   2. Qual è la base scientifica per introdurre programmi di screening per altre sedi tumorali, ad es. tumori del polmone, della prostata e dello stomaco, ed assicurarne la fattibilità?
   3. Quali sono i principali elementi scientifici da considerare e le migliori pratiche da promuovere per ottimizzare lo screening basato sul rischio e la diagnosi precoce?

Infine, sono state sintetizzate in un rapporto preparato da un gruppo di esperti, sottoposto alla consultazione dei referenti dei ministri della Sanità dei paesi membri.
La loro attuazione sarà sostenuta dalle linee guida per la prevenzione primaria, lo screening e la diagnosi e da un sistema di accreditamento e promozione della qualità dei servizi coinvolti nel percorso di screening, che vengono sviluppati e periodicamente aggiornati con il coordinamento di gruppi di esperti coordinati dal Joint research centre (Jrc) della Commissione Europea. È prevista inoltre la realizzazione di un sistema informativo specificamente sviluppato per il monitoraggio delle attività di screening, integrato nel Sistema informativo europeo sul cancro (European cancer information system).

Le raccomandazioni sono in parte già recepite in Italia, ma permangono diseguaglianze nell’accesso allo screening
La valutazione delle società scientifiche Italiane è che le principali indicazioni relative ai programmi già attivi per lo screening dei tumori della cervice uterina, mammella e colon-retto contenute nelle raccomandazioni europee siano già accolte a livello Italiano. Sia il Piano oncologico nazionale sia il Piano nazionale per la prevenzione, includono tra le linee strategiche di attività per il periodo 2022-2027 l’estensione delle fasce di età in cui si prevede un invito attivo allo screening per i tumori della mammella (dai 45 ai 74 anni) e del colon-retto (dai 50 ai 74 anni), l’adozione del test Hpv e l’introduzione di protocolli diversificati per le donne vaccinate per i programmi di screening dei tumori della cervice uterina.
I referenti regionali dei programmi di screening hanno però evidenziato come la possibilità di raggiungere questi obiettivi sia strettamente legata ad un tempestivo aggiornamento dei Lea e delle relative modalità di finanziamento. In assenza di questo aggiornamento vi è il rischio di un peggioramento dei livelli di diseguaglianza, in particolare per gli assistiti delle Regioni che sono sottoposte ai vincoli previsti dai Piani di rientro, che limitano l’erogazione di prestazioni extra-Lea anche ove siano individuate risorse di bilancio autonome.
Permangono, per tutti e tre gli screening, forti disparità geografiche nei livelli di copertura, che l’emergenza pandemica ha in qualche caso acuito, e che sono anche più marcate in relazione all’offerta di screening per le nuove fasce di età, che risulta ancora molto limitata o assente nelle regioni che già presentano ritardi nella copertura della popolazione invitabile in base ai criteri in uso finora.
Gli stessi problemi organizzativi e di governance dei programmi che limitano l’estensione della copertura sono anche quelli che impediscono a quelle regioni di sfruttare le opportunità offerte dalle nuove modalità di screening per utilizzare in modo più mirato le limitate risorse disponibili, adottando, ad esempio, il test Hpv, che riduce il fabbisogno di prelievi (dato che si prevede un intervallo di screening più lungo) e il carico di lavoro dei citologi, o il protocollo con posticipo dell’età di inizio dello screening per le donne vaccinate, riducendo ulteriormente il fabbisogno di prelievi. L’adozione di queste modalità innovative è stata infatti più rapida e capillare nelle regioni che già garantivano la copertura della loro popolazione, mentre resta limitata nelle regioni del sud. Anche a livello italiano è in programma lo sviluppo di un sistema di monitoraggio dei programmi di screening che dovrebbe riprendere l’esperienza del Data Warehouse nazionale sviluppato come esperienza pilota in 10 regioni alcuni anni fa.

Sono necessari progetti pilota per l’introduzione di nuovi protocolli e nuove strategie
In questo scenario, sia i rappresentanti delle società scientifiche che i rappresentanti regionali hanno confermato l’importanza dell’indicazione contenuta nelle raccomandazioni a prevedere l’introduzione di nuove strategie e/o di programmi per nuove sedi tumorali nell’ambito di progetti pilota finalizzati a rispondere a specifici quesiti relativi all’impatto di diverse scelte organizzative e di diversi protocolli per la gestione del reclutamento e dei percorsi diagnostici.
In particolare per i programmi di screening per le nuove sedi tumorali (prostata e polmone), a fronte di una documentata evidenze di efficacia delle metodiche di screening disponibili nel ridurre la mortalità, restano aperti quesiti relativi a scelte di protocollo (fasce di età, intervallo di screening), alla gestione del percorso diagnostico e all’impatto organizzativo. Per quanto riguarda lo screening per il tumore del polmone, gli studi pilota confermano i potenziali problemi, segnalati anche nel documento europeo, relativi alle difficoltà nell’identificazione della popolazione bersaglio (forti fumatori ed ex-fumatori a rischio) data la carenza di fonti informative accurate. Il reclutamento basato sulla promozione dell’intervento attraverso i media rischia di amplificare le disparità sociali, data l’evidenza dell’impatto limitato delle campagne anti-fumo nei gruppi più svantaggiati, con una più elevata prevalenza di fumatori. Appare inoltre necessario definire protocolli standardizzati per la gestione dei reperti extra-polmonari, per contenere il rischio di un effetti avversi da accertamenti di incerto impatto, e prevedere percorsi per la cessazione del fumo e risorse adeguate sostenerli.
Per il tumore della prostata, le priorità di valutazione riguardano interventi mirati a ridurre il rischio di sovradiagnosi e sovratrattamento, attraverso l’introduzione di protocolli di triage per i soggetti positivi e di sorveglianza attiva per i soggetti con tumori a basso rischio, oltre che di interventi mirati alla riduzione dell’attività opportunistica.
Tutti i partecipanti al convegno hanno evidenziato come questo approccio all’introduzione di nuovi test e nuovi protocolli rappresenti una opportunità da cogliere, utilizzando i programmi di screening come piattaforma di ricerca, per la conduzione di studi di efficacia comparativa.
Le difformità di interpretazione della normativa europea sulla privacy rendono però problematica la valutazione dell’impatto sulla qualità e sugli esiti di salute dell’applicazione dei nuovi protocolli per i programmi consolidati e dei progetti pilota di nuovi programmi, secondo le modalità previste da queste raccomandazioni. La definizione di un quadro normativo che garantisca l'accesso ai dati di processo e di esito degli interventi di screening e il loro utilizzo per analisi e valutazioni di impatto appare quindi un passaggio necessario per sostenere l’attuazione delle raccomandazioni. 

L’accettabilità delle nuove strategie da parte dei cittadini e degli operatori può essere limitata
Diversi interventi hanno evidenziato come l’adozione di nuovi test (come il test Hpv) o di nuovi protocolli basati sul rischio, che prevedono per una quota spesso consistente della popolazione esaminata una riduzione dell’intensità di screening, possa essere percepita come un razionamento dell’offerta e una limitazione del diritto di accedere a un Lea. L’esperienza dei programmi o dei progetti pilota che hanno adottato questi approcci indica che la loro accettabilità da parte degli assistiti è spesso ridotta e questa tendenza in prospettiva potrebbe limitarne la diffusione, se non altro perché l’accettabilità rappresenta uno dei parametri valutati nel processo decisionale che viene oggi raccomandato per l’adozione di una strategia di screening (GRADE EtDframework). In questo modo si vanificano però i potenziali benefici (sia in termini di riduzione del fabbisogno di risorse, che di riduzione dei rischi di eventi avversi per gli assistiti associati all’esecuzione di esami non necessari) delle nuove modalità di screening personalizzato.
Sono stati anche rilevati problemi di accettabilità di specifiche metodiche di screening da parte degli operatori, in qualche modo speculari a quelli rilevati tra gli assistiti. Anche in questo caso il gradimento di una tecnologia e la disponibilità ad adottarla non sempre sono coerenti con le evidenze disponibili, come segnalato nel caso dello screening mammografico, dove si rileva una forte spinta da parte degli operatori all’utilizzo della tomosintesi come metodica di screening primario, in assenza di prove di una sua maggiore efficacia rispetto alla mammografia digitale (e di un documentato impatto negativo sulla disponibilità di risorse), o nel caso dello screening dei tumori colorettali, dove una metodica come la sigmoidoscopia, per cui sono disponibili solide prove di efficacia, non viene utilizzata dagli operatori.

È necessaria la collaborazione con i cittadini e con i professionisti – clinici
Per contenere queste spinte che rischiano di minare la sostenibilità dei programmi di popolazione e peggiore il rapporto costo beneficio dello screening anche a livello individuale, appare quindi necessario sviluppare e rafforzare le collaborazioni con i professionisti clinici e con le associazioni dei pazienti e dei cittadini, per costruire una consapevolezza e una pratica condivise della programmazione e valutazione delle strategie di screening.
Le associazioni dei pazienti, pur avendo come scopo condizioni cliniche differenti, devono convergere verso azioni sinergiche che sono, nei fatti, comuni a tutti gli interventi di promozione della salute e prevenzione secondaria. In particolare, l’advocacy ai diversi livelli decisionali e la loro capacità di interfacciarsi con il cittadino parlando lo stesso linguaggio saranno armi potenti per superare le barriere all’applicazione delle nuove raccomandazioni già citate per il livello istituzionale (es. aggiornamento Lea) e comunicativo (mancata accettazione della de-intensificazione degli interventi da parte dei destinatari).

Conclusioni
L’opportunità di un confronto trasversale tra i diversi programmi, consolidati e in fase di progettazione, e tra i diversi portatori di interesse nel mondo degli screening oncologici ha confermato l’importanza di iniziative che superino consuetudini settoriali consolidate per sviluppare sinergie per superare le criticità evidenziate dalla pandemia e sostenere l’innovazione.