MyPeBS (My Personal Breast Screening) è uno studio clinico internazionale finalizzato alla valutazione dell’efficacia, sicurezza e fattibilità di una strategia di screening mammografico personalizzato.
Il trial
Il trial mette a confronto un braccio di controllo, le cui donne seguono l’attuale strategia standard di screening mammografico adottata nei propri paesi- che prevede l’invito ad effettuare una mammografia ogni 2 o 3 anni per tutte le donne tra i 50 e i 69 anni, in qualche caso tra i 45 e i 74 - con una strategia personalizzata, in cui il tipo di esame e la sua frequenza vengono definiti sulla base del rischio di ogni singola donna di sviluppare un cancro al seno.
Finanziato tramite bando Horizon 2020+, il progetto coinvolge i centri clinici di 6 paesi - Belgio, Francia, Israele, Italia, Regno Unito e Spagna - e circa 85mila donne tra i 40 e i 70 anni. Lo studio è coordinato da Unicancer, federazione francese di centri oncologici e coordinatrice del progetto, e il principal investigator è Suzette Delaloge, del Gustave Roussi di Parigi.
Lo studio è nella fase di reclutamento delle partecipanti, che saranno monitorate per 4 anni, i risultati sono attesi per la fine del 2026.
La necessità di valutare le potenzialità di programmi di screening personalizzato si basa su due considerazioni:
- Lo screening può essere benefico, in termini di anni di vita guadagnati, solo per le persone che hanno la malattia: i benefici dello screening sono dunque proporzionali al rischio di malattia nella popolazione target. Invece, gli effetti indesiderati dello screening – in particolare il numero di approfondimenti invasivi, i falsi positivi, lo stress e l’ansia legati all’esame e, infine, all’esposizione, per quanto minima con le moderne attrezzature, a radiazioni - riguardano nella maggior parte dei casi tutta la popolazione partecipante, e sono proporzionali all’intensità del programma, in termini di numero e tipo di esami.
- Conosciamo alcune delle caratteristiche individuali che influenzano sia il rischio di sviluppare un cancro al seno sia l'accuratezza del test di screening e quindi della sua efficacia.
Stratificare lo screening in base al rischio o alle caratteristiche associate all'accuratezza del test permette quindi di ottimizzare l'equilibrio tra effetti desiderati e indesiderati, e di ottimizzare il rapporto tra le risorse necessarie e i benefici: uscire dall’ottica per cui offrire più esami sia necessariamente la scelta più adeguata anche per la donna, oltre che in termini di popolazione e di società.
Livelli di screening personalizzato e valutazione del rischio individuale
In My PeBS, l’offerta di screening personalizzato viene stratificata su 4 livelli di rischio individuale calcolati in base a diversi ormonali, di storia familiare e di screening e genetici. Questi considerano alcune variabili “classiche” nella valutazione della probabilità che una donna possa sviluppare un cancro al seno - come età, caratteristiche basilari della storia riproduttiva e ormonale (menopausa, età al menarca, età al primo figlio), storia familiare, precedenti biopsie al seno e densità mammografica - sia la valutazione del cosiddetto “punteggio SNP”. Quest’ultimo si ottiene dall’individuazione, attraverso l’analisi genomica, di oltre trecento polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs: varianti del DNA in un singolo nucleotide) associati al rischio di cancro al seno. Ogni SNP è associato con minime variazioni di probabilità di avere un cancro al seno e dunque porta di per sé un’informazione insignificante, ma combinando insieme oltre 300 SNP si ottiene un punteggio che è in grado di discriminare in modo abbastanza accurato donne che hanno un rischio molto basso e donne che hanno un rischio più alto. In questo momento l’analisi dei campioni salivari per risalire ai SNPs è svolta dal Centro Nazionale di ricerca genomica umana in Francia (CNRGH ). Tale integrazione dell’analisi genomica e implementazione dei flussi comunicativi nella prevenzione del tumore al seno rientrano pienamente negli sforzi per la lotta al cancro della Commissione europea, da cui il progetto My Pebs riceve attenzione nell’ambito dell’iPAAC (Innovative partnership for action against cancer).
Ai livelli di rischio così valutati, corrispondono quattro diverse offerte di screening mammografico:
- Le donne nel gruppo a basso rischio, cioè meno di 1% di rischio a 5 anni, sono invitate a ripetere la mammografia dopo 4 anni; queste donne hanno un rischio inferiore a quello delle donne fra i 40 e 45 anni, per le quali la comunità scientifica è concorde nel valutare che il rapporto fra effetti desiderati e indesiderati dello screening non sia nettamente positivo.
- Le donne a rischio medio sono invitate a partecipare a una mammografia ogni 2 anni, come nei programmi standard, ma con l’aggiunta di un’ecografia nel caso di seno molto denso.
- Le donne con un rischio superiore alla media, ma comunque inferiore al 6% di probabilità di sviluppare un cancro al seno nei prossimi 5 anni, vengono invitate ogni anno e anche loro ricevono un’ecografia in caso di seno molto denso.
- Infine, le donne con un rischio di cancro nei prossimi 5 anni superiore al 6% effettuano una risonanza ogni anno fino a 60 anni e poi passano a mammografia annuale, seguendo così un programma simile a quello previsto per le donne con mutazione di BRCA, con cui condividono il livello di rischio.
Implementazione
Oltre agli outcome di efficacia, fattibilità e sicurezza, considerazioni verranno fatte rispetto all’adesione della popolazione in termini anagrafici e di background socioculturale.
In Italia, il reclutamento avviene all’interno delle sale d’aspetto dello screening, e prevede il coinvolgimento di donne già all’interno dei programmi. Tra queste la manifestazione di interesse rispetto al programma è molto alta e, nonostante il rallentamento legato alla chiusura delle sale d’aspetto durante le fasi più stringenti della pandemia, l’Italia è il paese che ha reclutato il numero maggiore di donne, con oltre 7mila aderenti a novembre 2021.
Di Paolo Giorgi Rossi
direttore del Servizio Interaziendale di Epidemiologia e Comunicazione del rischio della AUSL di Reggio Emilia