Il bilancio sugli screening. Una narrazione sui benefici e i danni correlati allo screening

Consideriamo una piccola città in Europa, in cui risiedono 1000 donne di età compresa tra 50 e 51 anni. Se queste donne vengono tenute sotto osservazione per i successivi 30 anni in assenza di un programma di screening mammografico attivo, ci si aspetta di riscontrare 67 casi di tumore al seno che porterà al decesso 30 pazienti.

Consideriamo ora un'altra città, uguale alla precedente ma dotata di un programma di screening mammografico conforme alle linee guida europee che invita in maniera regolare le mille donne tra i 50 e i 51 anni a eseguire una mammografia ogni due anni per un periodo di 20 anni. Se l’adesione di questa popolazione target è totale, le stime indicano che l’incidenza dei decessi dovrebbe essere tra 21 e 23 casi in un periodo di 30 anni (contro i 30 dell’esempio precedente).

La maggior parte delle donne che partecipano al programma avranno referti mammografici negativi e il vantaggio consisterà nella conferma delle loro buone condizioni di salute. D’altra parte gli aspetti negativi possono solo riferirsi al possibile disagio e all’ansia a breve termine per l’esecuzione dell’esame. Invece nel caso in cui l’esito sia positivo, i disagi sono accompagnati al beneficio di ottenere una diagnosi precoce.

Il problema della sovradiagnosi rappresenta sicuramente un danno significativo perché comporta una diagnosi di tumore al seno senza una controparte di benefici (se chi la riceve non avesse partecipato al programma di screening, non avrebbe dovuto sottoporsi a ulteriori accertamenti e trattamenti). Secondo le nostre stime 4 donne tra le 1000 partecipanti al programma di screening incorreranno in una sovradiagnosi, un dato che si aggiunge ai 67 casi di tumore diagnosticati tra le donne della città dove non esiste di un programma di screening mammografico.

Le sovradiagnosi sono dovute alla rilevazione da parte dei programmi di screening di tumori poco aggressivi e in fase di sviluppo precoce, per esempio, in situ, e di tumori invasivi in fase di sviluppo molto precoce. Le conoscenze attuali impediscono di distinguere tra i tumori che diventeranno aggressivi e quelli che non costituiscono una minaccia per la vita. Per questo motivo, la ricerca volta all’identificazione di indicatori e alla definizione di protocolli in grado di ridurre l'impatto del trattamento del cancro al seno è, e deve restare, tra le priorità.

Un altro potenziale danno per le donne sottoposte a screening è l’identificazione di un “falso positivo”, ovvero di un’anomalia sospetta che non viene confermata dai successivi esami di approfondimento. Si trattava di un falso allarme. Seppure la rilevazione di un sospetto non sia equivalente a una diagnosi positiva, si parla comunque di “falso positivo” a causa delle indagini necessarie per verificarne l’esatta natura.
Quando si rende necessaria una valutazione successiva al primo test, nella maggior parte delle volte si tratta di un secondo esame mammografico o di un’ecografia, in alcuni casi, tuttavia, sono necessari ulteriori esami clinici del seno che possono comportare anche interventi invasivi, come la biopsia, per ottenere i tessuti necessari per l’esame istopatologico.

Le conseguenze negative psicologiche legate a questo percorso di accertamento sono state studiate e descrivono solo un impatto nel breve periodo, riconducibile all’ansia. In alcuni Paesi europei, la percentuale totale di donne che durante i 20 anni di partecipazione al programma di screening mammografico incorrono in una diagnosi di falso positivo, è stata stimata nel 17% per follow-up non invasivi e nel 3% per follow-up invasivi.
Poiché questi falsi allarmi sono inevitabili in ogni processo di screening, le linee guida europee tra i parametri di qualità fissano la percentuale massima accettabile di donne sottoposte allo screening che devono essere richiamate per una valutazione successiva (tasso di richiamo) e raccomanda la possibilità di consultazione degli indicatori di performance da parte della popolazione invitata.

Questo studio non prende in considerazione gli effetti a lungo termine come i rischi da radiazione, che sono tuttora molto controversi perché basati su estrapolazioni e quindi di significato incerto. In ogni caso questo tipo di rischio è valutato comunque come molto inferiore ai benefici dello screening.