A cura di Nereo Segnan
28 novembre 2014 - È stato pubblicato dall’Organizzazione mondiale della sanità il Position paper sullo screening mammografico, che fa parte di un ampio progetto di linee guida per il tumore della mammella che l’Oms intende sviluppare nei prossimi anni.
Il documento è frutto del lavoro di un gruppo selezionato di esperti in cui è rappresentato anche il Centro di riferimento per l’epidemiologia e la prevenzione oncologica in Piemonte (Cpo Piemonte). Esso contiene un set di raccomandazioni che interessano le donne asintomatiche e a medio rischio per il cancro al seno, in differenti fasce d’età, con l’obiettivo di fornire una guida chiara, oggettiva e indipendente sulla bilancia vantaggi/svantaggi dello screening mammografico, da diffondere tra i decisori politici, i manager sanitari e gli operatori.
Il focus era sulle seguenti domande:
- in donne di età 40-49 anni, 50-69 anni e 70-75 anni, asintomatiche e a medio rischio per tumore alla mammella, qual è la bilancia vantaggi/svantaggi tra le donne invitate allo screening rispetto a coloro a cui lo screening non è offerto?
- qual è l’effetto dell’intervallo di screening su tale bilancia?
Le raccomandazioni sono state prodotte sulla base di revisioni sistematiche di trial randomizzati controllati e di revisioni sistematiche di studi osservazionali; l’evidenza è stata valutata attraverso la metodologia Grade (Grading of Recommendations Assessment, Development and Evaluation).
Il gruppo di lavoro ha sostenuto l’importanza di valutare lo screening mammografico nel setting dei programmi di screening organizzati di popolazione. In tale contesto, la qualità globale dell’evidenza disponibile è stata valutata come moderata o bassa per la bilancia vantaggi/svantaggi e bassa per quanto riguarda gli intervalli di screening appropriati.
Per tutte le fasce d’età considerate, esiste evidenza del fatto che i programmi di screening mammografico organizzati e di popolazione sono in grado di ridurre di circa il 20% la mortalità per tumore della mammella tra le donne invitate allo screening rispetto a quelle non invitate. In generale, il beneficio atteso per le donne che partecipano allo screening è più alto, ma il margine di questa differenza pare non essere ampio, in particolare tra le più giovani e le più anziane. Vi è incertezza circa la dimensione degli effetti negativi, in particolare per quanto riguarda la sovradiagnosi e il sovratrattamento. Ad oggi, il migliore trade-off sembra essere quello offerto dall’intervallo di screening biennale.
Il gruppo di esperti ha espresso forte preoccupazione circa il rischio che i benefici netti possano essere annullati se lo screening è opportunistico, non di popolazione o privo dei necessari dispositivi di controllo qualità. Inoltre è posta enfasi sull’importanza, per le donne invitate allo screening, di essere adeguatamente informate sulla bilancia vantaggi/svantaggi.
L’evidenza disponibile proviene solo da Paesi ad alto reddito. Nei contesti a risorse limitate, dove, per la maggioranza delle donne con cancro alla mammella, la diagnosi e la cura avvengono allo stadio avanzato e dove lo screening mammografico non è costo-efficace o non è praticabile, si raccomanda che le risorse disponibili siano impiegate per garantire un accesso universale delle donne con lesioni sintomatiche a diagnosi e cure tempestive ed efficaci.
Approcci low-cost come l’esame clinico del seno, che pare essere una soluzione promettente in questi contesti, potrebbero essere implementati, solo per la fascia d’età 50-69, non appena l’evidenza derivante dagli studi in corso si rendesse disponibile.
Nei contesti con sufficienti risorse, lo screening mammografico è raccomandato per le donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni, con un intervallo suggerito di 2 anni, a condizione che sia implementato attraverso programmi ben organizzati e di popolazione e le donne siano adeguatamente informate su vantaggi e svantaggi. Per le fasce d’età 40-49 e 70-75, si suggerisce che lo screening mammografico sia offerto solo nell’ambito di rigorosi progetti di ricerca.