12 settembre 2012 - Una vasta revisione della letteratura disponibile sui programmi europei di screening organizzati della mammella ha concluso che i benefici in termini di vite salvate superano del doppio i casi di sovradiagnosi: ogni 1000 donne, sottoposte a screening biennale a partire dai 50 anni fino ai 68-69, il guadagno di vite oscilla tra 7 e 9, a fronte di 4 casi di possibile sovradiagnosi.
Questi risultati, frutto di un lavoro che ha coinvolto ricercatori di nove Paesi europei organizzati nell’European screening network, sono stati raccolti in un supplemento del Journal of Medical Screenng accessibile da oggi.
L’analisi dei dati, che hanno preso in considerazione studi osservazionali, studi caso-controllo e studi sulla mortalità realizzando l’unica revisione globale disponibile ad oggi sui risultati degli screening organizzati della mammella, fornisce altre utili informazioni, sottolineando per esempio che ogni 1000 donne partecipanti al programma, 170 sono richiamate per un accertamento di tipo non invasivo e 30 per un accertamento invasivo (come una biopsia), che si concludono, tuttavia, con una diagnosi finale negativa.
Proprio il rischio di sovradiagnosi, concetto che indica quei tumori della mammella destinati a non manifestarsi nel corso della vita di una donna e che non verrebbero mai individuati senza lo screening, è stato al centro di un intenso dibattito dopo la pubblicazione un paio di anni fa di un articolo su The Lancet a firma di Peter Gotschtze per la Nordic Cochrane Collaboration.
Il supplemento pubblicato oggi affronta anche i criteri adottati per valutare il tasso di sovradiagnosi, mettendone in luce seri limiti metodologici.
In parallelo un secondo gruppo di lavoro, European Network for Indicators on Cancer (Eunice) ha svolto un dettagliato lavoro di revisione sulle modalità organizzative, il tasso di adesione e i principali criteri di qualità di 26 programmi di screening in 18 diversi Paesi che hanno coinvolto 12 milioni di donne tra il 2001 e il 2007. Anche queste informazioni sono state incluse nella revisione.
I dati scientifici sul rapporto costo-benefici dello screening mammografico sono stati discussi dal gruppo di lavoro sia a Varsavia nel maggio 2010, sia a Firenze, nei due incontri di novembre 2010 e marzo 2011 organizzati dall’Ons.
Le conclusioni di questo grande sforzo consentono quindi di affermare che i programmi di screening stanno ottenendo i benefici attesi e delineati negli studi preliminari condotti anni fa e che la possibilità di salvare la vita delle donne, attraverso un’offerta di qualità elevata, è superiore ai rischi connessi.
Il dovere di comunicare (bene)
Il supplemento dedica anche un focus specifico alle esigenze e alle modalità di una buona comunicazione. Negli anni passati la comunicazione negli screening è stata talvolta giudicata da un lato troppo propensa a enfatizzarne i benefici, e dall’altro incline a sottovalutarne i rischi, e anche su questo tema si è sviluppato un forte dibattito.
L’obbligo di fornire alle donne tutte le informazioni necessarie per una scelta informata viene ribadito nel supplemento in un articolo che riflette anche sui grandi cambiamenti avvenuti nella comunicazione dei rischio negli ultimi anni. Oggi, la maggior parte dei programmi di screening europei si sta orientando verso la massima trasparenza sul rapporto rischio-benefici. Una trasformazione di scenario che richiede, tuttavia, il miglioramento delle capacità dei programmi di condurre una comunicazione efficace e quindi di offrire alle donne gli elementi per una crescita di consapevolezza insieme a informazioni accessibili, rilevanti e comprensibili.