Lauro Bucchi - Registro Tumori della Romagna, Irst, Meldola, Forlì
24 aprile 2013 - Poche settimane fa, è stato pubblicato on line dalla rivista Cancer [1] uno studio del Gruppo di lavoro Impatto, coordinato da Eugenio Paci, che ha valutato l’effetto dei programmi organizzati di screening mammografico sull’incidenza dei cancri della mammella in stadio avanzato in Italia. Si tratta di un endpoint importante nella valutazione dello screening mammografico. La riduzione che si osserva (o che ci si attende di osservare) alcuni anni dopo l’introduzione di un programma di screening è considerata un indicatore surrogato precoce, una sorta di preannuncio, di una riduzione della mortalità specifica.
In realtà, gli studi condotti in precedenza in una decina di Paesi d’Europa, e oltre, hanno riportato solo riduzioni modeste dei cancri in stadio avanzato o nessun effetto apparente sulla loro incidenza. Nel 2011, questi deludenti risultati sono stati enfatizzati in una review di letteratura curata da Autier et al [2].
Lo studio italiano
Il gruppo di lavoro italiano è partito dall’idea che il disegno degli studi precedenti non fosse adeguato a documentare pienamente la correlazione temporale tra lo screening e la eventuale riduzione dell’incidenza dei cancri in stadio avanzato. Il problema principale era che l’introduzione dello screening nelle popolazioni studiate è stata molto graduale e questo può averne diluito gli effetti. Come è noto, è quanto accadde per l’incidenza del cancro cervicale nei Paesi in cui l’introduzione dello screening citologico fu molto lenta, come la Danimarca e la Norvegia, rispetto a quelli coperti molto rapidamente, come la Finlandia e la Svezia.
Perciò, nel disegno dello studio italiano sono stati introdotti alcuni adattamenti che avevano lo scopo di migliorare la sensibilità di uno studio di correlazione temporale nei confronti degli effetti dello screening mammografico.
- L’area in studio è stata divisa in Comuni, la più piccola unità geografica disponibile.
- In ogni Comune, gli anni di screening sono stati numerati da 1 (l’anno di registrazione del primo cancro screen-detected, cioè l’anno d’inizio del programma) a 8. In questo modo, i diversi periodi temporali di screening e di registrazione del cancro sono stati sincronizzati.
- Sono stati esclusi i Comuni nei quali la proporzione dei cancri screen-detected sul totale degli incidenti non ha toccato il picco già nell’anno 2, cioè nel primo anno pieno di attività.
- Questo ha creato una dimensione virtuale in cui, apparentemente, lo screening è stato introdotto in modo simultaneo su una vasta area e ha raggiunto immediatamente la piena operatività, saturando di inviti la popolazione locale entro i due anni di durata nominale di un round.
- Inoltre, sono stati esclusi la popolazione e i casi di cancro di 50-54 anni d’età, perché i benefici dello screening sul rischio di cancro in stadio avanzato non possono manifestarsi se non alcuni anni dopo la prima mammografia.
L’area in studio ha compreso 700 Comuni situati in Toscana, Umbria, Emilia-Romagna, Veneto, Trentino e Lombardia, dove lo screening è stato introdotto tra il 1991 e il 2005 per una popolazione di circa 700.000 donne di 55-74 anni.
Sono stati valutati i primi 8 anni di screening. Negli anni 1-2, l’incidenza dei cancri pT2-pT4 è rimasta stabile rispetto a quella registrata negli ultimi tre anni prima dell’anno 1. A partire dall’anno 3, ha mostrato una riduzione stabile e significativa compresa tra il 20% e il 30%.
Nonostante la sua natura osservazionale, questo dato è compatibile con i risultati di altre valutazioni dei programmi di screening italiani. Esso aggiunge un elemento di conoscenza importante a quelli ottenuti dal Gruppo di lavoro Impatto.
1. Foca F. et al. Decreasing incidence of late-stage breast cancer after the introduction of organised mammography screening in Italy. Cancer. 2013 Mar 15. doi: 10.1002/cncr.28014.
2. Autier P, et al. Advanced breast cancer incidence following population-based mammographic screening. Ann Oncol 2011;22:1726-1735.